I dieci peggiori incubi di un social media manager

incubi di chi lavora sui social

Sono in tanti a pensare che la vita di chi lavora sui social sia sempre rose e fiori.

Te lo garantisco io: non è affatto così.
Il lavoro da Social Media Manager, come per tutte le attività in cui ci stanno di mezzo clienti, comunicazione e un pubblico in ascolto, porta con sé degli incubi niente male.

Ed ecco una lista mostruosa che turba i sogni di chi lavora sui social ;)

Uno. L’errore di cui non ti accorgi

Te lo dico prima. Inutile che ti arrabbi.
Nonostante tu ce la metta tutta col proof reading e rilegga 500 volte ad alta voce, la volta in cui commetterai un errore marchiano te ne accorgerai soltanto dopo che il messaggio avrà già avuto like e ricondivisioni.

E reciterai la formula:

Murphy, Murphy, sei tu mio Murphy?

Anche perché ti ricordo che Twitter non ha ancora concesso, nonostante milioni di richieste di utenti supplicanti, la possibilità di modificare il post una volta pubblicato.
Ha piuttosto ampliato la dimensione dei tweet a 280 caratteri, che, se la matematica non è un’opinione, dà luogo a un potenziale di errori doppio rispetto al precedente. Dannazione!

Se ti può consolare, ci siamo caduti tutti. Ma proprio tutti.
Ricordi il misterioso #Covfefe di Donald Trump?

covfefe-trump

Due. Alla ricerca dell’hashtag perduto

La ricerca dell’hashtag perfetto, o meglio della giusta combinazione degli hashtag, è come la ricerca della pietra filosofale.
Dietro questo sforzo titanico dovrebbe esserci un obiettivo preciso: l’aumento della portata del tuo post verso un pubblico rilevante.
Dovrebbe, dicevo.

Bisogna però demarcare il limite tra l’utilità e l’inutilità, confine che sfocia spesso nel mare magno del ridicolo.
Il trenino degli hashtag (da leggere sempre con sottofondo di “Brigitte Bardot Bardot, Brigitte Beijou Beijou”) più che aiutare, demolisce.

#ve #lo #giuro #scrivere #delle #cose #così #serve #solo #a #farvi #prendere #in #giro #bestphoto #bestpicoftheday #bestbestialitàever

 

Tre. Il bisbetico (cliente) domato

I social Media Manager più bravi e preparati sanno che dovranno armarsi di una pazienza fuori dalla norma per poter affrontare i clienti più complicati.
Sia che si tratti di post organici che quelli sponsorizzati (ancora peggio, perché i commenti sotto le sponsorizzate costituiscono social proof e quindi determinano l’efficacia del post stesso) ci sarà sempre un utente che per qualche ragione, spesso indipendente dal prodotto, dalla bontà del customer care e da te in generale, sarà pronto a inveirti contro.

E là sta tutta la tua bravura, prode SMM.

Non scomporti. Conta fino 10. Poi fino a 50. Se non dovesse servire prosegui fino a 100.
Poi armati del tone of voice della pagina che rappresenti e rispondi in maniera gentile.
Se dovesse servire dotati allora dell’arma più potente.
Più forte dell’atomica, più vintage dell’alabarda spaziale: l’abbraccio di Gianni Morandi.

commenti-morandi

Leggi anche: 5 cose che dovresti imparare da Gianni Morandi se lavori sui social

 

Quattro. L’immancabile spammer

Gli spammer sono in qualche modo più facili da neutralizzare rispetto ai clienti iracondi, perché mentre gli ultimi stanno interagendo con la tua pagina per un motivo che ha a che fare con il tuo business, gli spammer sono invece come il “cacio sui peperoni”. Hai letto bene, non Maccheroni, Peperoni. Indigesti.

Sono lì, giusto a titolo di esempio, per:
– Chiedere like di scambio alla vostra pagina. “Messo like, RICAMBI?” (ma che siamo al mercato?!)
– Sciorinare teorie complottiste su Nubiru e la fine del mondo
– Intavolare discussioni politiche (ma che ci azzecca, voi vendete passeggini e girelli)
– Il peggio: chi viene a vendere il proprio prodotto sfruttando il tuo post sponsorizzato

Se per un messaggio d’odio il miglior modo è disinnescarlo col dialogo (come già visto nell’incubo precedente) lo spam è invece qualcosa per cui un “nascondi post” può aver senso, essendo totalmente irrilevante e inquinante per la discussione e per la tua pagina in generale.

Rendiamo il mondo un post migliore.

Cinque. Prepari un post con cura meticolosa e poi IL SILENZIO

Ecco, ci sono quelle volte straordinarie in cui pensi di avere l’idea del secolo: tanto è perfetta, che te ne innamori.
E’ la giornata nazionale della pace e hai coinvolto tutto il team (che non ti dico quanto ti ha odiato) in una lunga catena di strette di mano.

Arriva lo scatto. Poi il ritocco, con un effetto che neanche Instagram ce l’ha così d’effetto.
Hai messo in calce lo status ideale, giochi di parole leziosissimi, mani che fanno rima con domani.

E l’indomani infatti il post non se l’è filato nessuno: le classiche balle di fieno rotolanti in un paesaggio desertico.

Sii sportivo, anche questo può accadere: tra la caduta libera della reach a causa degli algoritmi sempre più severi di Facebook e il fatto che la creatività che avevi in testa forse non era quella che si aspettava la tua base fan, il rischio di cadere in questo scenario è una possibilità che devi mettere nel conto.

Il campanello d’allarme ti sia da lezione: dove hai sbagliato? Forse il tuo messaggio non è stato sufficientemente rilevante? Analizza meglio la tua base fan e trai le giuste conclusioni.

Fallo col tuo post davanti, mentre ascolti “Horse with no name” degli America. Senza troppi patemi.

Leggi anche: perché nessuno segue i social della tua azienda

 

Sei. Volevi fare lo splendido e ti sei beccato un Epic Fail

Non tutte le ciambelle vengono col buco, e non tutti i post sortiscono l’effetto voluto.
Certo è che se il mancato successo in termini di like, commenti e condivisioni -come appena visto- si può giustificare in tante maniere, quello del tragico Epic Fail andrebbe evitato ponendosi a monte una serie di domande.

Stai per offendere qualcuno? Ad esempio, che so, l’intero genere femminile a causa di un post sessista?

Stai scrivendo un post dopo un evento drammatico?
Forse è meglio agire con cautela, anziché cavalcare onde pericolose urtando la sensibilità del tuo pubblico.

Come ci insegna, un esempio su tutti, il caso Donna Moderna dopo l’attentato terroristico di Nizza.
Per fortuna la direttrice Annalisa Monfreda ha risollevato le sorti di questa crisi con un articolo di scuse, scritto con esemplare trasparenza.

nizza-donna-moderna

 

Sette. La sindrome da post bianco

Se per lo scrittore esiste una sindrome da “pagina bianca” meglio conosciuta come “blocco dello scrittore”, così esiste una crisi creativa anche per i SMM.
Può arrivare il giorno in cui hai esaurito le idee, i post del buongiorno, gli eventi mondiali, hai sfruttato tutte le foto del cliente, persino quelle sfocate che hai reso accettabili aggiungendo filtri lo-fi con variazioni seppia.

Esisteranno sempre dei momenti in cui le idee languono .

E forse a quel punto è il caso di utilizzare qualche prodotto che ti aiuti nella tua strategia di contenuti: da Google Alerts a Buzzsumo fino ad arrivare al nostro Spidwit, fonte quotidiana di contenuti e un mix  di notizie, immagini con un potente editor di template :)

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Laddove non c’è ispirazione vedrai che un Deus ex Machina, anche dalla forma di gattino, verrà in tuo aiuto.

Leggi anche: come trovare contenuti di qualità per i tuoi social

 

Otto. Postare dall’account sbagliato

Anche qui: ti sarà capitato almeno una volta di rispondere a un fan utilizzando l’account personale, anziché quello aziendale. L’importante è accorgersene e rimediare subito.

Nella gestione delle pagine social è richiesta sempre l’attenzione massima. Più account si gestiscono, più è facile combinare un pasticciaccio brutto.
Scrivere un post “quali sono i vostri consigli di bellezza?” sulla pagina di un’agenzia funebre potrebbe farvi diventare eroe del giorno, ma non nel senso che speravate.

Oppure ancora, il caso di StubHub è da manuale. Sull’account aziendale compare un TGIF (Thanks to God It’s Friday) molto colorito, partorito dalla mano di un dipendente e pubblicato per sbaglio sull’account aziendale.

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Nove. Essere pagati in visibilità

Si è già detto tanto su questo punto.
Sono state persino create campagne di sensibilizzazione come quella di #coglioneno.
Eppure uno degli incubi per il SMM è quello di essere pagato con valute esotiche, ben differenti dal vil denaro.

“Mi dia due etti di crudo. Ho dimenticato la carta ma posso pagarla con la visibilità. Questo mese ne ho guadagnata tantissima!”

Certo, su questo tema qualche svarione è stato fatto anche a livello istituzionale.

 

Dieci. Non saper spiegare a tua madre che lavoro fai

“Lavoro sui social” non è la risposta adatta, te lo dico subito.

E non sarà solo tua madre a non capirlo, chiunque penserà che tu non stia lavorando, ma cazzeggiando.
Nessuno sa della tua ansia creativa, delle sudate metriche (condite dalla nomenclatura più astrusa tra Engagement, CTR, CPC, Reach), del fiato sul collo dal cliente e di altre varie amenità.

E in pochi capiscono quanto sia importante, delicato e centrale il ruolo della comunicazione.

Anche qui, come quando hai affrontato il tuo cliente più rognoso, àrmati della miglior pazienza e sii gentile.

“Mamma, io comunico ai fan il valore e la qualità del marchio con delle notizie utili, delle immagini evocative e in generale con dei contenuti che non sono solamente e insistemente promozionali, ma mirano a creare relazioni durature e ad aumentare autorevolezza e riconoscibilità aziendali”.

Ecco, avrai usato le tue migliori parole.
E anche se tua madre, guardandoti negli occhi con espressione vacua, avrà risposto
“Bello! E quindi in pratica perdi giornate davanti al computer!”
Vogliatele sempre bene. In fondo la mamma è sempre la mamma.

Vi siete riconosciuti in alcuni di questi incubi? Ci raccontate i vostri nei commenti? :)

Autore: Antonio Parlato

Pedigree da ingegnere, propone variazioni sul tema di web writing, copywriting, content marketing, dissertazioni tecnologiche e tecnoillogiche.