Il caso Cambridge Analytica, l’etica sui dati e Spidwit

Il caso del furto dei dati da Facebook monta e reputiamo sia bene, anche da parte di chi gestisce un’app integrata con Facebook (e non solo), fare un po’ di chiarezza sul tema.

A cominciare da:

3 Cose che forse non sapevi

Uno. Non c’è stato alcun furto di dati. Semplicemente nel 2012, quando era ancora possibile farlo, una app poteva prelevare dati non solo dall’utente, ma anche dai suoi amici. Tutto legale e previsto dai termini e condizioni di Facebook. A patto che quei dati venissero utilizzati ed elaborati nel rispetto dei termini e condizioni della piattaforma di Menlo Park.

Due. Le maglie di Facebook erano troppo larghe. È evidente che le maglie del controllo sui dati così risultavano troppo larghe, e infatti Facebook ha posto rimedio a quest’eccesso di zelo nel 2014. Da allora le app hanno meno potere (non possono più accedere ai dati degli amici) e sono sottoposte a controlli più serrati.

Tre. Facebook è parte lesa. Nonostante Zuckerberg si sia dichiarato colpevole, Facebook è l’entità che più di tutti pagherà l’azione effettuata da Aleksandr Kogan. Il ricercatore all’Università di Cambridge ha creato una quiz app che avrebbe studiato le risposte sottoposte dagli utilizzatori per tracciarne la personalità. Un’app che partiva da uno scopo preciso soggetto ai termini e condizioni che sono state sottoscritte dagli sviluppatori. Condizioni alle quali lo stesso Kogan è contravvenuto.
Quest’ultimo ha infatti deciso di distribuire questi dati a Cambridge Analytica, terza parte che utilizza i dati per poter generare della audience pubblicitarie estremamente mirate. Utilizzate principalmente per scopi politici.

zuckerberg

Il resto è cronaca: il primo allarme nel 2015 con Facebook che blocca l’app, dopo aver appreso dalla stampa dell’abuso di Kogan.
Facebook chiede una certificazione formale sulla cancellazione dei dati. Che arriva.
Nel 2018 il caso rispunta, i dati pare non siano stati cancellati. Facebook blocca gli account di Cambridge Analytica e ci si prepara a uno scontro legale con tanto di analisi forensi per verificare la veridicità delle affermazioni delle varie parti.

Nel frattempo tutto il mondo grida allo scandalo. Class action, crollo in borsa e tutto quello che vedete in questi giorni.
Una piccola nota a margine: Facebook fa già il mestiere che Cambridge Analytica dice di fare con maestria. Ossia profilare gli utenti per somministrare contenuti estremamente mirati.
È il suo modello di business. E siamo stati noi a consegnare questi dati a Facebook, in cambio del servizio di cui fruiamo quotidianamente.

Zuckerberg mette in atto una serie di misure

Il grosso, dice Mark, è stato già fatto nel 2014 restringendo le possibilità degli sviluppatori, come già scritto.
Dichiara la sua responsabilità ed espone le misure che prenderanno piede nelle prossime settimane:

Uno. Un audit completo delle app sospette.
Facebook controllerà tutte le app che hanno accesso a moli cospicue di dati (quelle create prima del 2014) e investigherà tutte le attività ritenute sospette, bloccando account e app laddove ritenuto opportuno.

Due. Gli sviluppatori avranno meno accesso ai dati degli utenti.
In particolare se non si usa un’app per più di 3 mesi, l’accesso ai dati personali sarà negato.
L’accesso dopo la login per gli sviluppatori sarà limitato a nome, foto profilo e mail.
Qualunque altro tipo di accesso richiederà una contrattualistica. È la parte che più sembra sensibile a cambiamenti ed evoluzioni per il prossimo futuro.

Tre. Un accesso più chiaro alle app autorizzate per gli utenti.
Al momento le app possono essere controllate andando tra le opzioni nel menù app. La lettura non è immediata ed è per questo che l’accesso a questa sezione verrà messa in primo piano sul newsfeed degli utenti e sarà semplificata. Da lì è possibile revocare tutti i permessi precedentemente dati all’app.

E Spidwit?

Spidwit non ha mai utilizzato i dati prelevati dagli utenti per alcuna operazione diversa dall’utilizzo della piattaforma.
Per essere più precisi, nel momento in cui agganciate un vostro profilo Facebook vi verrà chiesto di accettare le autorizzazioni richieste che consentiranno a Spidwit di:
Accedere al vostro profilo pubblico per prelevare le informazioni minime indispensabili per l’utilizzo della piattaforma
Gestire le pagine e i gruppi. Per poter postare i contenuti che deciderete di programmare o condividere sui vostri profili personali, gruppi o pagine business. Nessun altro contenuto verrà mai pubblicato senza il vostro consenso.
Leggere i contenuti postati sulle vostre pagine business per mostrarvi le analitiche, i mi piace, le condivisioni e i commenti dei post che avrete condiviso tramite Spidwit.
Contattarvi e inviarvi messaggi tramite chatbot, qualora decidiate di utilizzare l’assistente virtuale per aiutarvi nelle pubblicazioni quotidiane.

app-facebook

 

Potete in ciascun momento negare questi permessi, anche singolarmente, ma chiaramente il servizio non potrà più essere erogato correttamente.
In più potrete disattivare il servizio in qualunque momento dalla vostra pagina profilo.

Cosa dice il futuro?

Maglie sempre più strette e controlli maggiori, anche con l’imminente entrata in vigore del GDPR, la regolamentazione europea sull’utilizzo dei dati. Che avrà un focus sulla privacy, l’utilizzo dei dati e la loro cancellazione, il diritto all’oblio e la trasparenza.

Sono i primi passi verso un futuro dove il dato e la privacy saranno maggiormente protette. Nella consapevolezza che chi li detiene, detiene anche un grande potere.

Nel corso dei prossimi tempi si assisterà sempre di più al tema etico associate alle grandi piattaforme online. Non più pensate in maniera fredda come canali di distribuzione/comunicazione, ma come qualcosa di cui è sempre più importante determinare e regolamentarne l’uso.

Parliamo in fondo di luoghi (non più strumenti) in cui navigano miliardi persone.

Ci farà piacere essere insieme a voi attraverso i tanti cambiamenti che avverranno :)

Autore: spidwitblog

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